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Vitamina D

Vitamina D e Covid-19: quale relazione?

Sempre più di frequente, la vitamina D viene associata al Covid-19. Sono numerosi i lavori scientifici, anche italiani, che ne suggeriscono l’importanza nella lotta contro il Coronavirus.

E’ un nutriente importante per il corretto funzionamento del sistema immunitario. La sua carenza è più diffusa nei paesi dove il Coronavirus ha mostrato un’aggressività maggiore. E’ emerso che l’ipovitaminosi D è direttamente proporzionale ai marcatori infiammatori legati ai gravi casi di infezione.

Deficit nutrizionale e infezione

Numerosi studi scientifici evidenziano che bassi livelli di vit. D potrebbero comportare un maggior rischio di contrarre il virus e la possibilità di avere sintomi gravi in caso di contagio.

Il rischio di contagio aumenta fino al 60%

Secondo una ricerca pubblicata sulla rivista Journal of American Medical Association Network Open e condotta dagli esperti dell’Università di Chicago, i soggetti affetti da ipovitaminosi D potrebbero avere fino al 60% in più di probabilità di risultare positive al SARS-CoV-2.

Anche le recenti evidenze cliniche suggeriscono l’implementazione di vit. D come strategia di prevenzione, ampiamente disponibile e a basso rischio. Un’adeguata supplementazione (> 600 UI/die) potrebbe anche prevenire epidemie respiratorie stagionali, ridurre i ricoveri e aumentare notevolmente la qualità della vita.

La vitamina D come strategia di prevenzione

La conferma di quanto sia significativa la correlazione tra vitamina D e Covid-19 arriva da un altro recente intervista studio, pubblicato sul Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism, e condotto in Spagna dal gruppo di Josè Hernandez dell’Università della Cantabria a Santander.

La ricerca, di recente pubblicazione, ha evidenziato che l’80% dei pazienti ricoverati per Covid-19 riportava una carenza di vitamina D. Ovvero oltre 8 pazienti su 10 ricoverati per Covid nell’ospedale durante la prima ondata di contagi.

Il dato, benchè relativo a un solo ospedale spagnolo, risulta rilevante in quanto conferma i precedenti studi epidemiologici.

La comunità scientifica concorda sul ruolo protettivo della Vitamina D contro l’infezione da Covid-19, risultando un valido alleato nell’aiutare a combattere la pandemia.

Anche i ricercatori del Centro Nazionale per la Salute Globale dell’Istituto Superiore di Sanità, hanno approfondito questa correlazione, svolgendo uno studio specifico.

I risultati hanno suggerito che adeguati livelli di vitamina D, al momento dell’infezione con Sars-CoV-2, potrebbero favorire l’azione protettiva dell’interferone di tipo I, uno dei più potenti mediatori della risposta antivirale dell’organismo, e rafforzare l’immunità antivirale innata.

Nelle fasi più avanzate del COVID-19, l’attività immunomodulatoria della vitamina D potrebbe invece contribuire a ridurre il danno legato all’iper-infiammazione nei pazienti con forme severe di malattia.

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Calcio e Vitamina D: il ruolo nella dieta

La vitamina D è l’unica prodotta in proprio dal nostro organismo

Il calcio è in assoluto il minerale presente in quantità maggiore nel nostro corpo. Costituisce circa l’1,5-2% del peso totale di una persona adulta.

Il 99% del calcio totale del nostro organismo è contenuto nello scheletro e nei denti. Il restante 1% è in soluzione nel sangue, che lo distribuisce ai vari tessuti in base alle loro necessità.

Latte e latticini sono indispensabili per soddisfare il fabbisogno di calcio dell’organismo e prevenire l’osteoporosi?

Il latte contiene calcio utile alle ossa e, per questo, è ampiamente consigliato per l’osteoporosi.

Tuttavia da solo non basta per assicurare il giusto apporto a nostro organismo. Le raccomandazioni OMS/FAO per l’osteoporosi indicano di mangiare più frutta e verdura piuttosto che affidarsi ai latticini per assicurarsi una buona salute delle ossa.

Un po’ di vitamina D si trova negli alimenti (soprattutto pesci grassi come aringhe, sgombri, salmone, sardine: è soprattutto abbondante nel famoso olio di fegato di merluzzo)
Quali altri fattori sono importanti per assumere e preservare il calcio per l’organismo?

Il ritmo al quale il calcio viene disperso (attraverso le urine, le feci e il sudore) dipende da caratteristiche intra ed inter individuali. Ad incidere sull’assorbimento del calcio concorrono molteplici elementi, ecco i principali:

  • Età: il bambino raggiunge il 60% dell’assorbimento totale del calcio alimentare, mentre una donna in menopausa circa il 7-10%.
  • Una dieta ad elevato contenuto di proteine e fosforo aumentano le perdite di calcio con le urine. Le proteine animali sono responsabili di perdite di calcio molto maggiori rispetto a quelle vegetali.
  • Eccesso di fosforo: il fosforo presente nella carne, nel pesce ed in alcuni formaggi stagionati compete avidamente con il calcio nell’assorbimento intestinale
  • La caffeina aumenta le perdite di calcio con le urine.
  • Ridurre il sale troppo sale in dieta: le diete ricche di sodio aumentano le perdite di calcio con le urine.
  • Attenzione all’alcol che inibisce l’assorbimento intestinale di calcio.
Calcio e Vitamina D

La vitamina D non è contenuta nel latte e nei suoi derivati e, in realtà, pare che il suo apporto alimentare non rivesta la stessa importanza del calcio, in quanto, grazie ai raggi ultravioletti del sole (raggi UV), l’organismo è in grado di sintetizzare a livello cutaneo la medesima vitamina.

La vitamina D è necessaria sia per assicurare un buon assorbimento di calcio nell’intestino, sia per la corretta mineralizzazione dell’osso.

Un po’ di vitamina D si trova negli alimenti (soprattutto pesci grassi come aringhe, sgombri, salmone, sardine: è soprattutto abbondante nel famoso olio di fegato di merluzzo). In certi paesi viene normalmente aggiunta al latte e agli alimenti per l’infanzia.

La vitamina del sole

Ma viene sintetizzata in gran parte direttamente dalla nostra pelle attraverso l’azione dei raggi ultravioletti B della luce solare (raggi UVB) su una sostanza chiamata 7-deidro-colesterolo.

La vitamina D è l’unica vitamina che il nostro corpo è in grado di produrre, ma in caso di necessità può essere somministrata come “supplemento”.

La vitamina D prodotta, trasportata dal sangue, si accumula nel tessuto adiposo. Nel periodo estivo, quando in genere si prende un po’ più sole, si produce una maggior quantità di vitamina D, che poi diventa una riserva anche per i mesi invernali.

Solo chi vive sempre in casa o chi (come spesso fanno gli anziani) tende a essere sempre molto coperto, farà bene – dopo aver sentito il medico – a prendere qualche supplemento di vitamina D.

Vitamina D3

La vitamina D prodotta nella pelle (chiamata anche colecalciferolo) o quella che assumiamo con gli alimenti (sostanze analoghe anche se, come struttura chimica, leggermente diverse) è solo la base delle sostanze che effettivamente agiranno nel nostro corpo.

A partire da questa base sono infatti prodotti, in due passi successivi, i cosiddetti metaboliti attivi della vitamina D.

Il primo passo avviene nel fegato e trasforma la vitamina D “nativa” (colecalciferolo) in 25-idrossi vitamina D (detta anche 25-OH vitamina D o calcifediolo).

Il passo successivo avviene nel rene, e trasforma il calcifediolo in 1,25-diidrossi vitamina D (detta anche 1,25-(OH)2 vitamina D o calcitriolo), un vero e proprio ormone.

Questi “metaboliti attivi” della vitamina D circolano con il sangue e facilitano l’assorbimento intestinale del calcio.

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Infezioni vie respiratorie e vitamina D

La supplementazione di vitamina D sembra svolgere un ruolo importante nel rafforzare le difese immunitarie, come arma di prevenzione delle infezioni a carico delle vie respiratorie.

E’ quanto emerge da una recente metanalisi pubblicata sul BMJ. Secondo gli autori dello studio è possibile migliorare la salute pubblica attraverso somministrazione giornaliera di vitamina D.

Le indicazioni derivano da numerose evidenze scientifiche che hanno dimostrato un ruolo attivo della vitamina D sulla modulazione del sistema immunitario.

Tuttavia, nonostante alcuni limiti intrinseci della metanalisi, lo studio suggerisce il possibile impiego della supplementazione di vitaminica D3 nelle infezioni a carico dell’apparato respiratorio”.

I risultati non sono ancora conclusivi ma tracciano possibili scenari soprattutto nella prevenzione delle patologie alle vie respiratorie.

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Vitamina D

Dermatologia e vitamina D: quale correlazione

Di recente, la vitamina D ha destato un crescente interesse della dermatologia, come dimostrato da diversi studi scientifici.

Il ruolo principale della vitamina D è quello di regolare il metabolismo del calcio e del fosfato e preservare la mineralizzazione del tessuto osseo. Inoltre sono state molto valorizzate anche le funzioni extra-scheletriche della vitamina D, inclusa quella immuno-modulante e anti-proliferativa e il suo possibile ruolo nelle malattie infiammatorie croniche e neoplastiche.

La vitamina D ha un ruolo quindi anche nella regolazione del sistema immunitario cutaneo. In particolare, è in grado di inibire la produzione linfocitaria dell’interleuchina (IL)-1, IL-6, TNF-α e interferone-γ (INF-γ), potenti mediatori della risposta infiammatoria. Le principali patologie dermatologiche immunomediate associate a deficit di Vitamina D sono:

  • vitiligine
  • dermatite atopica
  • psoriasi
  • alopecia
Vitiligine

Alcuni studi epidemiologici osservazionali hanno evidenziato un’associazione significativa tra deficit di Vitamina D e vitiligine. Uno studio recentemente pubblicato ha riscontrato livelli di Vitamina D < 20 ng/ml nel 97,5% dei soggetti affetti da vitiligine

Dermatite Atopica

La dermatite atopica è stata associata a deficit di Vitamina D sia in età pediatrica sia adulta. Uno studio osservazionale in dermatologia condotto su una popolazione coreana di 15.212 soggetti ha confermato che bassi livelli di Vitamina D sono osservabili nei pazienti adulti con dermatite atopica. Tale carenza è stata confermata anche in età pediatrica.

La vitamina D esercita un effetto pleiotropico sulla pelle e potrebbe essere un’importante opzione terapeutica per la psoriasi e la dermatite atopica.
L’integrazione di vitamina D orale potrebbe ridurre la colonizzazione della cute di Staphylococcus aureus e ha dimostrato il miglioramento clinico dei pazienti con dermatite atopica.

Questa meta-analisi, infatti, ha mostrato che il livello sierico di vitamina D era inferiore nei pazienti con AD e l’integrazione di vitamina D poteva essere una nuova opzione terapeutica per l’AD.

Psoriasi

Il deficit di Vitamina D è stato riportato anche nei pazienti con psoriasi in diversi studi osservazionali. In particolare, in uno studio condotto a Firenze, Ricceri et al. hanno osservato che il 97% dei pazienti con psoriasi presentava livelli di Vitamina D inferiori a 30 ng/ml55.

In un altro studio in dermatologia condotto a Verona su 145 pazienti affetti da psoriasi cronica a placche, 112 da artrite reumatoide e 141 controlli, sani abbiamo osservato che il deficit di Vitamina D [livelli di 25(OH)D < 20 ng/ml] era significativamente maggiore nei pazienti affetti da psoriasi rispetto a quelli affetti da AR o nei controlli.

La vitamina D inibisce la proliferazione dei cheratinociti, stimolandone la differenziazione; inoltre, esercitano un’attività antinfiammatoria e immunomodulatrice riducendo la proliferazione di beta defensina 2 e 3, IL17A, IL17F e IL8.

Alopecia

Ci sono diverse studi in dermatologia che confermano che avere una carenza di vitamina D provoca la perdita di capelli e altri problemi ai capelli. La vitamina D stimola la crescita dei follicoli piliferi e quindi, quando vi è una carenza, i capelli possono risentirne.

La ricerca mostra che le persone con alopecia areata hanno livelli molto più bassi di vitamina D rispetto alle persone che non hanno l’alopecia.
L’assunzione, quindi, di quantità adeguate di vitamina D, può favorire la crescita e la ricrescita dei capelli.

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Acne Vitamina D

Acne e vitamina D: quale correlazione?

La vitamina D svolge un ruolo importante nel sistema immunitario. La sua carenza è stata implicata in varie malattie della pelle, tra cui la dermatite atopica. Per l’acne – malattia infiammatoria della pelle molto diffusa – non era stata ancora chiarita l’associazione con la vitamina D.

Un recente studio, condotto dal dipartimento di dermatologia della Chungnam National University, in Korea, ha analizzato gli effetti della supplementazione della vitamina D nei pazienti affetti da acne.

La ricerca

Lo studio ha coinvolto 80 pazienti con acne e 80 sani e Sono stati misurati i livelli sierici di 25-idrossivitamina D (25 (OH) D) e raccolti i dati demografici. I pazienti con carenza di vitamina D hanno assunto colecalciferolo orale (vitamina D3) a 1000 UI/die per 2 mesi.

Risultati

La carenza di 25 (OH) D è stata rilevata nel 48,8% dei pazienti con acne e solo nel 22,5% dei tra quelli sani. Il livello di 25 (OH) D era inversamente associato alla gravità dell’acne e c’era una significativa correlazione negativa con le lesioni infiammatorie.

In uno studio successivo, è stato osservato un miglioramento delle lesioni infiammatorie dopo l’integrazione con vitamina D in 39 pazienti con acne e ipovitaminosi da 25 (OH) D.

Conclusioni

La carenza di vitamina D era più frequente nei pazienti con acne. I livelli sierici di 25 (OH) D erano inversamente correlati con la gravità dell’acne, specialmente nei pazienti con lesioni infiammatorie.

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Vitamina D

Osteoporosi: la prevenzione a tavola

Una sana e corretta alimentazione, insieme all’attività fisica, sono i primi passi da compiere per prevenire l’osteoporosi.

Chi colpisce

L’osteoporosi colpisce il 33% delle donne tra i 60 e i 70 anni di età, il 66% di quelle al di sopra degli 80, mentre è relativamente meno diffusa negli uomini (20%).

Si caratterizza per una diminuzione della resistenza scheletrica che rende l’individuo più esposto al rischio di fratture spontanee o indotte da traumi di modesta entità.

Questo processo di indebolimento dello scheletro avviene per la progressiva diminuzione della massa scheletrica, associata al deterioramento della struttura ossea.

Stili di vita

E’ una malattia subdola perché si manifesta solo quando si verificano fratture. Per questa ragione è importante seguire uno stile di vita corretto per diminuire il rischio di sviluppare questa patologia.

osteoporosi
Colpisce il 33% delle donne tra i 60 e i 70 anni di età, il 66% di quelle al di sopra degli 80, mentre è relativamente meno diffusa negli uomini (20%).

Un’alimentazione basata sui principi della Dieta Mediterranea rappresenta il regime alimentare più indicato.

I minerali che concorrono alla formazione dell’osso sono soprattutto il calcio e il fosforo. La vitamina D, invece, ne ottimizza il loro assorbimento da parte dell’intestino, riducendo l’eliminazione attraverso le urine e li fissa a livello scheletrico.

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Vitamina D

Vitamina D: gli integratori alimentari

Per molte persone, assumere un integratore alimentare a base di vitamina D può essere il modo migliore per garantire un’adeguata assunzione.
La vitamina D esiste in due principali forme biologiche: D2 (ergocalciferolo) e D3 (colecalciferolo).

La ricerca suggerisce che la D3 potrebbe essere significativamente più efficace nell’aumentare e mantenere i livelli complessivi di vitamina D rispetto alla D2, quindi cerca un integratore con questo modulo (fino a 500 volte).

Dosaggio

La carenza di vitamina D è molto frequente in Italia. Interessa il 50% dei giovani e la quasi totalità degli anziani durante il periodo invernale (86% delle donne di età >70 anni). La prevalenza è maggiore in Europa rispetto ad Asia ed Australia.

In persone di età superiore a 70 anni (ed in maniera crescente con l’avanzare dell’età) che non assumano supplementi di vitamina D, l’ipovitaminosi ha una prevalenza vicina al 100%.

In quali alimenti si trova

Secondo l’associazione medici endocrinologi, il fabbisogno di vitamina D varia da 1500 UI/die (adulti sani) a 2300 UI/die (anziani). Può aumentare con alcuni fattori, come l’età, la massa corporea e grassa e l’apporto di calcio.

Si stima che in Italia l’alimentazione fornisce in media circa 300 UI/die, per quando l’esposizione solare è virtualmente assente debbono essere garantiti supplementi per 1.200-2.000 UI/die

In sintesi

La vitamina D è una sostanza nutriente essenziale che molte persone in tutto il mondo non ne hanno mai abbastanza. Detto questo, si possono aumentare i livelli di vitamina D con una maggiore esposizione al sole, introducendo nella dieta cibi ricchi di vitamina D e / o assumendo integratori.

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Vitamina D: in quali alimenti si trova

La pelle può produrre grandi quantità di vitamina D quando esposta ai raggi solari UV-B.

Ma non è l’unica fonte di approvvigionamento. La vitamina D è presente anche in molti alimenti.

Pesci grassi

Sono la fonte più ricca di vitamina D tra gli tra gli alimenti. Il pesce spada, a basso contenuto calorico (172 calorie per 100 grammi) e fornisce ben 566 UI di vitamina D per porzione.

Il salmone può arrivare fino a 440 UI di vitamina D. L’esatto contenuto di vitamina D può variare a seconda del tipo e delle specie in questione. Ad esempio, alcune ricerche suggeriscono che il salmone d’allevamento può contenere solo il 25% della quantità di salmone pescato in natura.

Una confezione di tonno, oltre ad acidi grassi omega 3, potassio, fosforo e vitamina A, fornisce circa 154 UI di “vitamina del sole”. Ma ci sono anche le sardine, lo sgombro, le acciughe, i gamberi e persino le ostriche.

Molti di questi alimenti sono anche ricchi di acidi grassi omega-3 sani per il cuore.

Funghi

I funghi sono l’unica fonte di vitamina D completamente vegetale.

Come per gli uomini, i funghi sono in grado di produrre in maniera autonoma la vitamina D dopo l’esposizione ai raggi UV. Gli esseri umani producono una forma di vitamina D nota come D3 o colecalciferolo, mentre i funghi producono D2 o ergocalciferolo (14 Fonte affidabile).

Entrambe le forme di questa vitamina possono aumentare i livelli circolanti di vitamina D, anche se la ricerca suggerisce che la D3 è 500 volte più efficace rispetto alla D2 (fonte di riferimento).

Fra le varietà in grado di assorbire maggiormente i raggi del sole figurano i funghi di Crimini, i portobello, i maitake e gli champignon

Uova

I tuorli d’uovo sono un’altra fonte di vitamina D che non dovrebbe mai mancare nella dieta. Un tuorlo medio contiene circa 41 UI di vitamina D.

Latte e yogurt

Che lo si preferisca intero, parzialmente scremato o scremato, una tazza di latte può contenere fra i 115 e i 124 UI di vitamina D,

Lo yogurt arricchito con vitamina D può contenerne circa 80 UI.

Succo d’arancia

In media, un bicchiere di succo d’arancia, di quelli che si trovano sugli scaffali del supermercato, può arrivare a fornire 137 UI di vitamina D. Sulla tabella nutrizionale del prodotto sono fornite tutte le indicazioni.

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Vitamina D

Vitamina D: il benessere dai raggi solari

Il 50% della popolazione italiana soffre di ipovitaminosi D.

La vitamina D è un nutriente essenziale in quanto concorre molti processi vitali, tra cui la formazione e il mantenimento di ossa forti e denti.

Un basso apporto di vitamina D (ipovitaminosi) è considerato un grave problema per la salute pubblica in tutto il mondo. Infatti, si stima che la carenza di vitamina D colpisca il 13% della popolazione mondiale. In Italia, si stima ne soffri il 50%; la percentuale raggiunge l’80% negli anziani durante la stagione invernale.

Cos’è la vitamina D?

La vitamina D è una vitamina liposolubile che aiuta principalmente l’assorbimento del calcio, promuovendo la crescita e la mineralizzazione delle ossa. È anche coinvolta in varie funzioni del sistema immunitario, digestivo, circolatorio e nervoso.

Ricerche emergenti suggeriscono che la vitamina D può aiutare a prevenire una varietà di malattie, come depressione, diabete, cancro e malattie cardiache.

La “vitamina del sole”

La vitamina D viene spesso definita “la vitamina del sole” perché il sole è una delle migliori fonti di questo nutriente.

La pelle può produrre grandi quantità di vitamina D quando esposta ai raggi solari UV-B.

Tuttavia, ci sono diversi fattori che influenzano questo processo.

Età e fototipo

I soggetti con cute più scura devono trascorrere più tempo al sole per produrre vitamina D rispetto a quelle con pelle più chiara. Questo perché un fototipo scuro ha più melanina, un composto che può inibire la produzione di vitamina D.

Anche l’età può essere una variabile importante. Quando si invecchia, la produzione di vitamina D nella pelle diventa meno efficiente.

Posizione geografica e stagione

Più ti avvicini all’equatore, più vitamina D sarai in grado di produrre tutto l’anno a causa della tua vicinanza fisica ai raggi del sole.

Viceversa, le opportunità per un’adeguata esposizione al sole diminuiscono proporzionalmente man mano che ci si allontana dall’equatore.

Protezione solare e abbigliamento

Alcuni tipi di abiti e creme solari possono ostacolare – se non bloccare completamente – la produzione di vitamina D.

Se è fondamentale prevenire i danni provocati dalla sovraesposizione alla luce solare, è bene sapere che occorre esporsi al sole solo per poco tempo senza protezione affinché il tuo corpo inizi a produrre vitamina D.

Sebbene non ci siano raccomandazioni ufficiali, diversi studi suggeriscono che bastano circa 10 minuti di esposizione per produrre la quantità di vitamina D necessaria in individui con pelle più chiara. Quelli con la pelle più scura, invece, potrebbero aver bisogno di più tempo.